SEZIONE RACCONTI
I racconti dovevano prendere le mosse dal seguente incipit che il comico Daniele Raco ha pensato appositamente per il nostro concorso:
“Genova, esterno giorno. Quella che, a tutti gli effetti, possiamo definire un’astronave aliena, è appena atterrata in piazza De Ferrari; è lì da ore, ed è circondata da forze dell’ordine, istituzioni, sindaco in testa e, ovviamente, curiosi. In un silenzio irreale si apre il portello e…”
1° classificata – GABRIELLA ZANON di Vigonza (Pd) con “Il blocco dello scrittore”
«Genova, esterno giorno. Quella che, a tutti gli effetti, possiamo definire un’astronave aliena, è appena atterrata in piazza De Ferrari; è lì da ore, ed è circondata dalle forze dell’ordine, istituzioni, sindaco in testa e, ovviamente, curiosi. In un silenzio irreale si apre il portello e…»
NO! Così non può andare. Accartoccio nervosamente l’ennesimo pezzo di carta, pensando con una punta di dispiacere al sacrificio dei poveri alberi tagliati e riadattati perché io potessi imbrattarli di lettere a casaccio. Ritento, cercando di capire cosa c’era di sbagliato. Genova? Perché proprio Genova? Se io fossi un alieno che vuole essere circondato da forze dell’ordine e turisti cinesi con macchine fotografiche, non andrei a Genova. New York, forse? Londra? Mosca? NO. New York non ha abbastanza spazio. Troppi grattacieli, parchi, giovani scappati da casa che cercano fortuna, senzatetto, uomini e donne d’affari. Londra, però, è troppo inflazionata. In qualsiasi serie tv, gli alieni attaccano sempre Londra, sempre sotto Natale. La Piazza Rossa, sì, già meglio.
Ho bisogno di un nome russo. Vittoria, sonnecchiante sul letto, ormai a conoscenza del mio strambo processo creativo, fa al caso mio. “Nome, russo, maschio”, dico. Lei capisce, reagisce. “Vladimir?” “No, è troppo da vampiro.” “Sergej?” “Troppo…” Mi mancano le parole. Gesticolo eloquentemente. Dalla cucina arriva la voce di Giacomo: “Ivan!”, suggerisce.
«Ivan si fece largo tra la gente, un affollarsi continuo e semovente di cappotti e pellicce sormontati da cappelli dall’aria comoda. Aveva visto, dalla finestra della sua misera camera, il disco passare alla velocità della luce attraverso il cielo, tagliando la neve mentre cadeva. Lasciava un’indelebile scia fosforescente nel cielo che portava chiaramente alla Piazza Rossa. Non aveva fatto in tempo a coprirsi con i vestiti più pesanti che già era lì, a sgomitare tra tutti gli altri curiosi come lui. Il suo fisico ossuto e la sua elasticità da giovane promessa della ginnastica artistica russa gli permisero di arrivare lì dove finivano i civili e cominciavano le forze dell’ordine. Si vociferava che stesse per arrivare il presidente Putin in persona ad accogliere quella che era definibile, a tutti gli effetti, un’astronave aliena. In un silenzio irreale, si vide l’UFO vibrare leggermente, il portello aprirsi e…»
NO. Sono inutili i virtuosismi, se poi non so cosa far uscire qualcosa di straordinario dalla navicella. Qualcosa che li stupisca, che attragga la loro attenzione e faccia loro pensare “Dio, voglio veramente pubblicare questo qui.” Ho un’idea! Geniale, sono geniale. Accartoccio un altro pezzo di carta, altri sensi di colpa. Un altro foglio bianco su cui scribacchio, concitato.
«Il sole è al suo zenit su questo villaggio terrestre, quando finalmente vedo, dagli oblò del mio regale mezzo, di aver ottenuto abbastanza attenzione. In un silenzio irreale, si apre il portello e faccio la mia entrata sul Pianeta Terra. Ormai da centinaia di anni l’Impero non riceve il minimo segno di vita da parte loro! Sono circondato da omuncoli privi di pelo, se non per una strana criniera sulla testa. E cosa sono quelle tecnologia obsolete? Devo assolutamente contattare i miei funzionari, dovrebbero essere qui a momenti, ormai. Mentre sento il sole avvolgere il mio becco, la corona e le piume, noto però una reazione inaspettata. Risate. Risate da ogni dove, insieme allo zoom di telecamere, lo sgomento misto all’ilarità delle creature terrestri. In molti stanno sussurrando tra di loro “Guarda, è un ornitorinco!” Non ne colgo la causa. Dov’è la paura, il timore riverenziale? Non hanno forse loro insegnato ad osannare la massima autorità dell’universo? L’imperatore… »
“Mi serve il nome per un ornitorinco imperatore della galassia.” Lo dico seriamente, concentrandomi sulla storia, quando anch’io, come l’ornitorinco imperatore della galassia, vengo accolto soltanto da risate. Copiose. “SONO SERIO!”, strepito, ma è un’ilarità contagiosa. Singhiozzo, ridacchiando, “Guardate che gli ornitorinchi sono animali meravigliosi! Hanno un pungiglione mortale sotto alla coda!” Gesticolo ancora, tentando di far capire loro l’importanza della cosa. I miei compagni di stanza, le lacrime agli occhi, tentano invano di ricomporsi. Appare Ilaria, affacciandosi alla porta, il ciuffo blu a coprirle gli occhi. “Voglio ridere anch’io!” esordisce. “Ho solo chiesto un nom-“, provo, coperto dalla voce squillante di Vittoria. “Riccardo sta scrivendo un racconto su un ornitorinco imperatore della galassia!” “Sì, e magari poi scopre che i suoi fedelissimi stando a contatto con la Terra son diventati degli stupidi animali e se ne va terrorizzato, temendo per il proprio intelletto!”, il sarcasmo nella sua voce è quasi fastidioso, la sua accuratezza, però, insostenibile. “…sì, proprio così. Come hai indovinato?”, le rispondo. “Ci hanno già fatto un film. Solo, invece degli ornitorinchi c’erano i cani. Idiota.” Poi scompare dall’uscio, richiudendosi nella sua camera. Richiudo il portatile di scatto, allungando la mano verso il mio quadernetto. Ricomincio. Forse, in fin dei conti, Genova non era così male.
«Genova, mezzogiorno. Quella che, a tutti gli effetti, si può definire un’astronave aliena è atterrata in piazza De Ferrari; è lì da ore, ed è circondata dalle forze dell’ordine, istituzioni, sindaco in testa e, ovviamente, mandrie di curiosi. In un silenzio irreale si apre il portello e, davanti alle facce sconvolte dei presenti, ne esce quello che nessuno dei presenti ha la minima difficoltà ad identificare. Non c’è dubbio, lo riconoscono anche i più giovani. È Elvis! Quel completo bianco, i pantaloni a campana, gli occhiali da sole! E poi, nessuno muove il bacino come fa lui. Davanti a una folla in delirio, si esibisce in un ballo sfrenato, accompagnandosi con la voce suadente, il tipico ciuffo che danza a ritmo di Tutti Frutti. Mentre scende dalla scaletta e si confonde tra le persone, dal portello appaiono tanti piccoli esserini in fila. Un giornalista tra le prime file, già in diretta televisiva, pone all’Italia intera una domanda: “Da dove spuntano tutti quei bambini vestiti come Elvis Presley?” A pochi metri da lei, un’altra donna chiede alla telecamera: “Era stato dunque davvero rapito dagli alieni?”»
Batto ripetutamente la testa contro il tavolo. Ma cosa mi viene in mente? Elvis? Seriamente? La mia disperazione raggiunge apici inaspettati. Il blocco dello scrittore è da mesi uno dei miei migliori amici. Mi aspetta nel buio, la notte, quando spengo la lampada e tento di riposare. Mi tiene sveglio, a chiedermi perché le idee non si traducano sulla carta mantenendo la freschezza che hanno nella mia mente.
“Perché scrivere non è facile quanto ingrassare?”, mugugno. Il mio viso è ancora spiaccicato al tavolo. Vittoria, da dietro di me, riprende a ridacchiare. “Penso che questo sarà il mio prossimo stato su facebook”, mi informa, mentre ticchetta con le dita sullo schermo del cellulare. “Voglio i diritti d’autore”, replico, alzando lentamente la faccia dal foglio. Sullo specchio appeso alla parete mi guardo in faccia: le occhiaie degli studenti universitari in piena sessione, la punta del naso ancora sporca di un’ombra di caffè di ore prima, e ora delle tracce d’inchiostro sbavato sul mento, rubato dal foglio che ora butto via. Abbasso lo sguardo, perdendolo nell’infinito bianco che si stende nel foglio nuovo davanti a me. Parole, parole, parole. Dove sono le mie parole? Mordicchio nervosamente la penna, chiudendo gli occhi, concentrandomi.
Penso che è tanto che non vedo Giada, che è tanto, tanto distante. Sono sicuro che l’avrei, l’ispirazione se fosse qui con me. A mia discolpa, non è poi colpa mia se non ci vediamo mai. Io incolpo Trenitalia. Lei e i suoi ritardi quando sei in orario e i suoi anticipi quando sei arrivato alla stazione ma non trovi spazio per parcheggiare. Lei e l’aria condizionata in inverno, ma non in estate. Lei e i suoi seggiolini di plastica, talmente scomodi che sospetto arrivino direttamente da qualche nascosto girone dell’Inferno che nemmeno Dante volle descrivere. Non sono io a non aver avuto tempo o voglia di andare fin da Giada, è tutta colpa di Trenitalia.
Il fischio della Moka mi richiama alla dura realtà, dove non bastano delle buone idee per scrivere un gran racconto, e rubare le idee da vari film e serie tv non è considerato “prendere ispirazione”, ma puro plagio. “Ditemi che avete fatto il caffè anche per me”, urlo. “Sì, vien qui prima che si raffreddi!” mi risponde la voce di Ilaria. Se persino lei è uscita dalla sua camera per la nostra cerimonia del caffè, non posso certo tirarmi indietro io. Mi alzo dalla sedia, già pieno di rimpianto. Anche oggi, neanche una singola pagina. Il cuscino della sedia ha ormai la mia forma, l’osservo prima di uscire dalla stanza.
Quant’è difficile essere un ventenne con il blocco dello scrittore, quando la tua Musa è una fanciulla che vive a tre ore da te, e tu odi prendere il treno.
2° classificata – ANNA TIROTTO di Genova con “Toccata e fuga in astronave”
«Genova, esterno giorno. Quella che, a tutti gli effetti, possiamo definire un’astronave aliena, è appena atterrata in piazza De Ferrari; è lì da ore, ed è circondata dalle forze dell’ordine, istituzioni, sindaco in testa e, ovviamente, curiosi. In un silenzio irreale si apre il portello e…»
appaiono cinque uomini, proprio uguali ai presenti che, aspettandosi mostriciattoli luminosi come da tradizione, li guardano con occhi e bocche spalancate.
Solo l’abbigliamento li rende diversi, indossano infatti una tuta bianca, tipo RIS per intendersi, ma c’è totale assenza di caschi, tubi, fili o altre diavolerie così care agli appassionati della materia, inoltre incredibilmente, si esprimono in perfetto italiano.
“Amici terrestri, veniamo da molto lontano, in fuga dal nostro pianeta per gravi incomprensioni con le locali autorità. Siamo perseguitati, costretti a sopravvivere in clandestinità, e siamo qui per chiedervi asilo politico. Abbiamo scelto la Terra perché, come potete vedere, siamo fisicamente uguali a voi, l’Italia perché dai nostri studi risulta essere il Paese più bello, accogliente, dove si vive meglio, Genova… beh questa non è stata propriamente una scelta, siamo stati costretti ad atterrare per mancanza di carburante… solitamente non commettiamo errori di calcolo, né d’altro genere per nostra fortuna ma, la fretta che ci ha costretti a decollare, ci è stata fatale. Ora, non potendoci rifornire coi vostri carburanti, inadatti alla nostra astronave, non potendo, per ovvii motivi, chiedere aiuto alla madre patria, qui siamo e qui resteremo. Speriamo non vi dispiaccia”.
Il sindaco, con tanto di fascia tricolore, avendo già la bocca aperta, si sente autorizzato a prendere la parola e, estratto dalla tasca un foglio A4 un po’ stropicciato, inizia a leggere il solito discorso di benvenuto ereditato dal predecessore, dello stesso partito politico e, perciò, garantito buono per ogni occasione.
“Cari ospiti, Genova, La Superba, è lieta di darvi il benvenuto più caloroso e tutti noi, autorità e cittadini, ci auguriamo troviate la nostra città di vostro completo gradimento. Siamo a vostra disposizione per mostrarvene le bellezze in terra e in mare, farvi gustare le specialità della nostra cucina, spesso fatta con ingredienti poveri ma ricca di sapori genuini. Scoprirete, sotto l’apparente diffidenza e ritrosia, la gentilezza e generosità della nostra gente, la professionalità dei nostri operatori commerciali e turistici che vi faranno sentire sempre a vostro agio e vi accoglieranno ogni giorno, a qualunque ora, col sorriso e l’unico scopo di esaudire i vostri desideri, e tutto ciò a un prezzo equo perché per noi, il turista è sacro e ve ne accorgerete!” Per l’opposizione, quest’ultima frase suonava come una minaccia più che una promessa, specialmente considerando con occhio imparziale,l’ospitalità offerta in città.
Fin dalle prime parole del sindaco, il comandante dei Vigili Urbani, quello della Polizia di Stato, quello della Guardia di Finanza, il Generale dei Carabinieri, il Direttore Generale dell’ASL e, infine ma non ultimo, S.E. il Cardinale circondato da guardie del corpo, ciascuno a suo modo, cerca di interromperlo, chi tirandogli la giacca, chi dandogli di gomito, chi facendogli l’occhiolino, chi tossicchiando nervosamente, invano.
A discorso ultimato, “ma sindaco – esordisce il comandante dei Vigili Urbani – questi sono atterrati in piazza De Ferrari con un’astronave devo multarli, è la Legge!” e chiamato un sottoposto gli ordina di chiamare il carro attrezzi e redigere un verbale. Il malcapitato inizia a girare attorno al veicolo, di dimensioni considerevoli, in cerca della targa e del tagliando dell’assicurazione chiedendosi, con una certa ansia, che tipo di carro attrezzi si chiama per spostare un’astronave e cosa si deve scrivere sul relativo verbale, abituato com’è a moduli prestampati dove è sufficiente tracciare delle X facili facili. Tristemente, vede allontanarsi la promozione, e immagina la montagna di scartoffie tra ricorsi al Giudice di Pace, al Prefetto, al Tar, da registrare e archiviare negli anni a venire.
“Ma sindaco, – è la volta del Generale dei Carabinieri, interrotto a tratti dal comandante della Polizia di Stato, per la ben nota collaborazione esistente tra i due corpi, – non possiamo accogliere questi clandestini con le solite parole di benvenuto riservate a Vip e autorità in visita, Questi hanno chiesto asilo politico e noi dobbiamo immediatamente rinchiuderli in un CIE o CARA, che a Genova non esistono, come lei sa, per cui dovremo rivolgerci a Torino o Milano e oggi è sabato, dovremo aspettare lunedì per avviare i contatti, iniziare le indagini per scoprire esattamente da dove provengono, se esiste un trattato col loro paese di origine, se davvero sono dei perseguitati politici, insomma prevedo mesi e mesi di lavoro, nel frattempo li arresto, secondo la Legge!”
“Sono d’accordo, – fa eco il comandane della Polizia – per una volta sono d’accordo con la concorrenza. Dobbiamo indagare usando ogni mezzo a disposizione per Legge, spie, pentiti, intercettazioni, intelligence e quant’altro. Potrebbero essere dei pericolosi terroristi travestiti da Extraterrestri!”
“Sono d’accordo, – tocca al comandante della Guardia di Finanza – anche noi dobbiamo svolgere indagini approfondite, sapere qual’è la situazione finanziaria di questi signori, e quali e quanti capitali stanno introducendo nel nostro paese e con quali fini. Sono personalità già note a Equitalia? Insomma prevedo mesi e mesi di indagini, forse anni, perché il nostro scopo è combattere con “tolleranza zero” l’evasione fiscale, dalla caramella regalata al bambino senza emissione di scontrino, ai capitali miliardari di Industriali, sportivi, gente di spettacolo, senza pietà o favoritismi, è il nostro impegno quotidiano, ce lo chiede la Legge!”
“Ma sindaco, – ecco il Direttore Generale dell’ASL – questa gente deve essere visitata, sottoposta a prelievi, raggi X, Tac, Risonanze, Biopsie, Elettro ed Encefalogrammi, e con i tempi delle nostre liste di attesa, ci vorranno anni e anni. Non possiamo rinchiuderli in ghetti tipo CIE o CARA o come diavolo li hanno ribattezzati negli ultimi giorni, né arrestarli, né lasciarli circolare liberamente. Devono essere ricoverati in ospedale, e già prevedo le lotte intestine per accaparrarseli, dobbiamo stabilire gli importi dei tickets, e preparci a svolgere una gran mole di lavoro, secondo la Legge. Per adesso comincerò col chiamare cinque ambulanze!”
“Ma sindaco, – tocca a S.E. il Cardinale – riteniamo importante, vitale addirittura, sapere a quale religione appartengono questi poveri pellegrini, se sono stati battezzati. La Chiesa è interessata al loro mondo di provenienza, potrebbe aver bisogno della Parola del Signore, potremmo inviare dei Missionari, edificare nuove Chiese, portare aiuti tramite lo IOR, insomma aprire nuovi infiniti orizzonti alla nostra crescita. Dovete concedere alla Chiesa di fare la sua parte in questa vicenda, come da Legge Divina e Concordato!”
Il povero sindaco che inizialmente si è immaginato sulle prime pagine dei giornali e sugli schermi di tutte le TV, sottobraccio ai cinque alieni con lo sfondo dell’astronave, si trova ora scaraventato in una situazione pericolosissima per il futuro della sua carriera politica. Deve prendere decisioni cosa che, è nota a tutti in città, proprio non gli riesce, ma, da politico consumato, conosce bene l’unica scappatoia possibile in casi come questo, aprire immediatamente un tavolo tecnico-politico di discussione, invitando a parteciparvi tutti gli Enti e le Autorità coinvolte, per tutto il tempo necessario a trovare una soluzione che possa soddisfare maggioranza, opposizione, Clero, forze dell’ordine e, magari, anche i cittadini. Mentre lo pensa, già si rende conto della follia e dell’impossibilità che l’iniziativa porti a un risultato qualsiasi ma, l’importante è poter dimostrare, un domani, che lui è ricorso a tutti gli strumenti a disposizione per districare l’intricata vicenda, e anche di più.
Durante i vari interventi i cinque perseguitati in attesa di accoglienza e asilo, hanno cercato di capire dove, la mancanza di carburante, li ha portati e quando, grazie alla loro sopraffina intelligenza e avanzatissima tecnologia, ci sono riusciti, hanno capito quello che devono assolutamente fare. Rientrano allora, tristemente, nella loro bella astronave e inviano il seguente messaggio alle lontane, nemiche, autorità di casa:
“Disposti rientrare e subire conseguenze nostra scellerata fuga stop
causa mancanza carburante chiediamo urgente recupero stop
a seguire coordinate per salvataggio e una raccomandazione, o meglio, preghiera,
FATE PRESTO! Stop
3° classificata – MARIA CRISTINA TADDEUCCI di Albisola Superiore con “La trattativa”
«Genova, esterno giorno. Quella che, a tutti gli effetti, possiamo definire un’astronave aliena, è appena atterrata in piazza De Ferrari; è lì da ore, ed è circondata dalle forze dell’ordine, istituzioni, sindaco in testa e, ovviamente, curiosi. In un silenzio irreale si apre il portello e…
Un Generale lancia pochi ordini secchi, le forze speciali puntano le armi contro l’astronave, le autorità si fanno indietro per non intralciare, dicono, il lavoro di polizia ed esercito, i curiosi si spintonano, giornalisti esagitati descrivono l’ evento nelle lingue più diverse.
Genova è, in questo momento, il centro del mondo.
“Allora è vero: non siamo soli.. We discovered an alien race together…
Guardate, telespettatori, qui si sta facendo la storia… Sin duda parecía un extraterrestre… On sortait chaque soir pour traquer les planètes cachées et les ovnis… E ora eccoli, sono qui!…”
Dal portello si allunga una scaletta che tocca con un soffio i basoli della piazza. Attimi al cardiopalmo, occhi sbarrati, fiati sospesi.
Un bambino di circa sei anni, nudo come un verme, con una sorta di colapasta rovesciato in testa dai cui fori escono capelli multicolori, rigidi e spessi come ferri da calza, comincia a saltellare giù dalla scaletta. Ha tutte le caratteristiche di un piccolo terrestre della sua età, a parte la puntuta chioma arcobaleno, occhi verde mela e mani enormi, grandi ognuna quanto una pizza margherita, che pendono da normali braccia grassottelle.
Piccolo, goffo, apparentemente inoffensivo, ma chissà…
Mentre tutta la piazza trattiene il respiro, Il capo della polizia si rivolge sottovoce al Sindaco: ” Signor Sindaco, a Lei l’onore di accogliere l’alieno. Si faccia avanti. Sembra innocuo Gli dia il benvenuto a nome della città e si faccia dire da dove viene e cosa vuole da noi.”
Il Sindaco si lecca le labbra secche, cerca di allargare con un due dita il collo della camicia firmata e poi, come afferrato da un’improvvisa illuminazione, si volta verso il Prefetto al suo fianco:
” Eccellenza, tocca a Lei come rappresentante del Governo, porgere il nostro saluto all’alieno. Vorrei tanto farlo io, ma mi rendo conto che mi devo imporre un passo indietro e cedere a Lei il privilegio di questo primo contatto. Quanto mi dispiace; avrei pronunciato parole che sarebbero rimaste nei libri di storia già pieni delle gesta dei miei antenati, ma, senza dubbio, è suo compito.”
Il bimbalieno è giunto ormai al fondo della scaletta e si guarda intorno con i grandi occhi verde mela. Avanza di pochi passi e si siede sul bordo della fontana di Piazza De Ferrari immergendo una manona nell’acqua che subito diventa color arcobaleno.
Un mormorio affascinato scuote la folla.
Il Prefetto apre e chiude un paio di volte la bocca, si passa una mano sulla testa calva e sudata, annaspa nel tentativo di trovare una via d’uscita.
Sospira sollevato quando vede fendere imperiosamente la folla una signora corpulenta, circondata dai carabinieri: “Signora Ministro, non speravo che giungesse così in fretta! Per fortuna ora è qui, in tempo per accogliere l’alieno a nome del nostro paese, dell’Italia tutta. Stavo, con grande orgoglio mi creda, per farlo io, ma mi rendo conto che ubi maior…”
Lo sguardo del Ministro fulmina il Prefetto ed incenerisce con lui gli ultimi resti del mito del sesso forte. La mole imponente in vestito blu e collana di perle avanza verso le transenne mentre il capo della polizia indica con un gesto alle forze speciali di tenere sempre sotto tiro il bimbalieno che continua a giocare con l’acqua. Agita la manona con grazia, come la pinna delicata di un pesce equatoriale, e sembra che tutto ciò che lo circonda non gli interessi minimamente: a dire il vero, sembra che nemmeno lo veda.
La signora Ministro respinge con disprezzo il giubbotto antiproiettile che il capo della polizia le offre e fa cenno di aprire le transenne. Alle sue spalle Palazzo Ducale, intorno alla piazza e alle finestre gente entusiasmata dal suo coraggio e dalle sue capacità decisionali, davanti a lei la fontana ed il bimbalieno che ora ride con una risatina musicale, quasi un gorgoglìo gioioso.
Il Ministro avanza più cautamente, ma senza esitazioni; meno di cinquanta metri la dividono dall’incontro che le consegnerà fama mondiale ed imperitura. Certo Armstrong, nei giorni dello sbarco sulla Luna, aveva avuto tempo ed esperti della NASA per organizzare la storica frase del “piccolo passo per l’uomo, ma grande passo per l’umanità”, comunque anche lei non sarà da meno: nella sua mente già frullano diverse, possibili battute ad effetto.
Squilla un cellulare. “Signor Presidente del Consiglio…. Sì, ci sono. Sì sto per tentare il primo approccio… No, non è una ragazza, Presidente… È una specie di bambino… No. No. Faccio io, le dico…Li rimandi indietro è territorio nostro…. accidenti sono già qui!”
Con una smorfia poco cordiale il Ministro si gira, torna indietro e va verso un tizio che sbuca fra bodyguard alti due metri con l’auricolare, i rayban modello a goccia e i mitra puntati tutt’intorno, sulla gente, sul marziano, sul Ministro, anche sui piccioni di Piazza De Ferrari.
“Ambasciatore, è un onore che voglia affiancarmi in questi momenti fondamentali per il mondo intero…”
“Minister, of course è responsabilità della nazione più potente, di quella che si avventura da quasi sessant’anni nello spazio, occuparsi dell’alieno. È nostro. Gli parlo, lo carico su un volo speciale e me lo porto a Washington e poi a Houston dove lo studieremo e ci faremo svelare segreti fondamentali per il bene dell’umanità. Siete in grado di fare questo, Dear Madam? A voi le griffe di moda, a noi i misteri dell’universo. Ognuno si occupi di ciò che può e sa.”
Ministro ed Ambasciatore si fronteggiano, tutti tacciono in attesa.
Il silenzio pesante e teso è rotto dalle risa argentine del bimbalieno: dall’acqua mossa dalla sua mano si alzano ora bolle dorate che esplodono in mille note musicali. Un piccione spennacchiato si posa sul bordo della fontana, beve poche gocce ed immediatamente le sue piume si fanno radiose, si allungano, si infoltiscono e dalla sua gola sgorga un cinguettio da usignolo. Il piccione allarga le ali e spicca il volo alla velocità del falco puntando verso il sole.
La folla applaude estasiata. Ministro ed ambasciatore, ora affiancati dai rispettivi segretari e portavoce, discutono. A loro si avvicina la tonaca rossa di un alto prelato della Segreteria di Stato.
“Signori, vi prego. È il momento della concordia e della condivisione. Lasciate a me il compito di mediare con l’alieno. Bisogna certo ammansirlo, calmarlo e capire le sue intenzioni. Chi meglio di me? La diplomazia ci appartiene da molto tempo…”
Sorride suadente l’alto prelato, ma volgendosi al giovane segretario che lo accompagna, borbotta: “Dobbiamo prendere in mano la situazione se non vogliamo fare la figura dei comprimari. E questo, mi dispiace, anche se Sua Santità ci ha raccomandato solo di pregare con intensità per prepararci ad accogliere le presenze extraterrestri come fratelli e figli di Dio. Mi costa dirlo, ma Il Santo Padre a volte mi sembra davvero troppo ingenuo.”
Ministro, ambasciatore, prelato, generali, prefetto, portavoce e portaborse, sindaco e cittadinanza, ormai tutti discutono sul da farsi e un vociare confuso si alza dalla piazza.
Il religioso silenzio che ha accompagnato l’apparizione del bimbalieno è solo un ricordo.
Qualcuno sbraita: ” Morti! Siete dei morti! Solo la rete può decidere chi deve trattare con l’alieno!”
Il grido di un bambino fa girare tutti verso l’astronave: “Mamma, che peccato, se ne va!”
In cima alla scaletta, davanti al portello, il bimbalieno saluta. La sua voce dolcissima, delicata e pur così potente da farsi udire ovunque, nella piazza, in città, fino alla Lanterna, allo scoglio di Quarto ed anche oltre, risuona in un addio educato.
“Cari terrestri, vedo che siete troppo impegnati e non voglio disturbare oltre. Devo visitare ancora molti pianeti dell’universo per offrire a tutti la mia amicizia e non posso fermarmi fra voi, ma non preoccupatevi: ripasserò presto: fra un milione e quattrocentosettantasettemila vostri anni vi prometto che sarò di nuovo qui,”
La manona sventola un’ultima volta nell’aria, il portello si chiude, l’astronave si alza ed in un lampo di luce scompare.
L’acqua della fontana di De Ferrari è tornata ad essere la solita, grigiastra e puzzolente di cloro.
Il piccione dal canto melodioso e dalla velocità del falco vola sulle teste delle autorità, in un turbinio di splendide piume multicolori.
CLASSIFICA SEZIONE RACCONTI: PRIMI CENTO CLASSIFICATI
SEZIONE VOLUMI
1° classificata – CARLA GARIGLIO di Roletto (To) con “Ciuffi al vento. Racconti di libertà ed amicizia”
2° classificato – GIUSEPPE NOTARO di Reggio Calabria con “Al di là del tempo”
3° classificata – ROSARIA CARBONE di Riesi (Cl) con “Fuoco di luci”